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Bolzano, 18 febbraio 2001 So di remare controcorrente, ma penso che nella coincidenza tra l'atto conclusivo del tavolo di dialogo presieduto dall'on. Bressa e l'inizio della sua campagna elettorale ci può essere un elemento di inaspettata fortuna. Invece di avere un programma elettorale pre-confezionato nelle stanze dei partiti e calato dall'alto, c'è la possibilità di restituire alla politica la sua funzione più nobile. Si potrà costruire nei prossimi mesi, a partire dal materiale di lavoro che abbiamo ora a disposizione, un programma di riforma della nostra Autonomia per renderla più condivisa, aperta e partecipata. In molti cercheranno rinchiudere questa relazione a doppia mandata. Hanno già cominciato le testate del monopolio Athesia che non l'hanno degnata di alcuna attenzione. I più hanno trattato, fin dall'inizio, il lavoro della commissione di indagine come una indebita intrusione nella stanza dei bottoni. O l'hanno vissuta come un atto d'accusa per non essere riusciti a promuovere, accanto alla giusta tutela delle minoranze tedesca e ladina, anche un'autonomia territoriale accogliente, capace di contrastare l'aggressività degli egoismi etnici, localistici e razzisti. Non si illudano gli on. Mitolo e Frattini di poter liquidare questo documento, e le prospettive che indica, con poche frasi propagandistiche. Il tentativo di trasformare gli italiani in un terzo gruppo etnico, che non sono e non vogliono per fortuna essere, riporterebbe indietro la storia aggiungendo separazione a separazione, spartizione a spartizione. Vedremo poi come riuscirebbero nello stesso tempo a sostenere gli obiettori di coscienza antietnici, gli avvocati scandalizzati dalla nuova norma d'attuazione, le giovani studentesse che chiedono una consulta unica e una scuola plurilingue. Meglio farebbero a trattare questo documento come un atto istituzionale che invita tutti ad individuare alcune modeste ma incisive modifiche del nostro Statuto, attraverso la ricerca di un ampio e argomentato consenso. Ma non è nemmeno scontato che la SVP e la coalizione di centro-sinistra, nel suo insieme. vogliano accettare questa sfida, a cominciare da un cambiamento delle regole del gioco. Come si può continuare a negare alle istituzioni e all'opinione pubblica locale il diritto fondamentale di conoscere i contenuti di nuove norme d'attuazione, come se ci trovassimo ancora nel clima di allarme anti-statuale e anti-autonomistico degli anni 70 e 80. Perché non riconoscere che proprio la pubblicità degli atti di governo (e nella nostra Costituzione il doppio voto di Camera e Senato) stanno alla base del consenso democratico e pure della qualità delle leggi emanate? Non è qui possibile entrare nel dettaglio della lunga relazione per trovare i molti punti innovativi, le intuizioni coraggiose, le proposte a volte cifrate e anche qualche reticenza. Ha fatto bene questo giornale a pubblicarla quasi integralmente per consentire ad ogni lettore di farsi un giudizio e per togliere ogni alibi ai pigri e ai tendenziosi. Mi limiterò a toccare, per concludere, un solo aspetto che condivido pienamente ed uno dei suoi elementi di debolezza. Dice Bressa che ogni soluzione deve essere cercata qui, senza protettorati nazionali e internazionali. Non possiamo dargli torto. A ben guardare abbiamo avuto in questa provincia una funzione di cavia, volontaria o involontaria, per una riforma federalista dello Stato che è da tempo matura nella coscienza dei cittadini italiani. Oggi Berlusconi appare forte soprattutto perché ha fatto sua il progetto federalista, di cui si è fatto interprete la Lega di Bossi, nonostante Bossi. Noi abbiamo potuto apprezzare quanto sia difficile e tormentato, ma anche pieno di potenzialità, la formazione di gruppi dirigenti legati al territorio, ma anche capaci di mettersi in relazione con il grande mondo. L'Ulivo nazionale avrebbe molto da guadagnare se sapesse profittare di questa esperienza anticipatoria, con le sue luci e le sue ombre. La relazione coglie appieno il punto di vista dei gruppi che si riconoscono trasversali alle culture e alle lingue qui parlate, ma coglie poco della popolazione di monolingua tedesca. E' vero. La commissione ha risentito di un vizio di origine nella sua composizione e competenza linguistica. Non l'ha aiutata una stampa tedesca, sempre più etnica nelle fonti, che ha trattato questo tavolo (e anche il parere del garante della privacy) come una "cosa italiana", che riguarda gli italiani. Ed è anche immaginabile che i rappresentanti della società civile di lingua tedesca, abbiano evitato il campo minato della politica e si siano dimostrati più preoccupati di una maggiore trasparenza nella suddivisione tra i poteri piuttosto che di un riequilibrio tra i gruppi. Bisognerà riparlarne. Edi Rabini
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